15 Ottobre 2021

Da spettatori del cambiamento ad attori della transizione.

La vita cambia, i fatti accadono. E questi accadimenti ci cambiano la vita sotto gli occhi, spesso senza che possiamo in alcun modo intervenire.

Ciò che accade fuori dalla nostra sfera di influenza ci vede inizialmente come meri spettatori. Il fatto è accaduto, la decisione è stata presa e noi siamo seduti in poltrona, come in un cinema, a vedere la nostra vita che si modifica in conseguenza di ciò che è accaduto. Il cambiamento.

Nella mia professione parlo molto spesso di cambiamenti professionali positivi: una promozione, un cambio di mansione, una crescita manageriale. Fatti che accadono, a cui deve seguire un processo che renda reale dentro alla persona ciò che è già reale fuori di essa: la transizione.

La transizione è un processo, più lento del cambiamento, che porta la persona ad accettare quanto è successo e ad affrontare le nuove sfide che ne derivano, a prendere parte attiva in quel cambiamento, adattarvisi, prendendone consapevolezza e sfruttandolo per la propria crescita.

Prendere in mano la propria vita, quindi, passando da spettatori del cambiamento ad attori della transizione.

Il pericolo più grande di fronte a un cambiamento è l’immobilismo: se si rimane arroccati sulle proprie posizioni, sul vecchio modo di agire e pensare, sull’ingiustizia di quanto subito, sulla paura del nuovo, l’esito è certo e poco fausto. Se si coglie l'opportunità che ogni cambiamento ha in sé, si può volgere a proprio favore anche l'accadimento più negativo e amplificare in modo esponenziale i benefici di quelli positivi. Ma per cogliere le opportunità bisogna muoversi, accogliere il nuovo.

Spesso la transizione ha a che fare con il lasciare andare il vecchio oltre che con l’accogliere il nuovo. Siamo lì, tirati da un elastico, che da un lato ci vorrebbe portare verso il passato così comodo e familiare, dall’altro ci tende verso il futuro, la sfida e il fascino dell’ignoto. Sta a noi decidere di tagliare questo elastico (decidere viene proprio da “tagliar via”) che ci tiene ancorati al passato e abbracciare il futuro. Troviamo il modo di tenere solo quanto è funzionale nel qui e ora, non ammassiamo nella cantina della nostra mente cose che sappiamo non ci serviranno più, usciamo dall' "ho sempre fatto così".

Pur non avendo studi classici, amo cercare l’etimologia delle parole per cogliere il senso profondo di ciò che esprimono. Cambiamento viene dal greco Kambein, curvare; transazione viene dal latino Transire, passare da un luogo a un altro, da uno stato di cose a un altro. Trovo una curva sulla mia strada e decido come affrontarla, come passarci attraverso.

Nel caso in cui il cambiamento abbia carattere negativo, in piccolo o in grande, a seconda dell’impatto che la nostra vita ha subito a seguito di ciò che è successo, si ripercorrono le fasi di elaborazione note per ogni lutto, reale o metaforico: la negazione, la rabbia, il patteggiamento, la depressione, l’accettazione.

Ma anche un cambiamento positivo ha necessità di una fase di transizione, perché crescere ci porta fuori dalla zona di confort in cui stiamo tanto comodi. Dobbiamo venire a patti con il fatto che la realtà, per come era prima, non c’è più. Dobbiamo esporci (anche al fallimento!) e accettare di essere vulnerabili e soggetti ad errori.

Non c’è crescita senza errore, non c’è altro modo di crescere che esporsi al fallimento.

Qui si inserisce l’importanza di quella che Carol Dweck chiama Growth Mindset: la certezza che le mie risorse e capacità possono essere migliorate attraverso lo studio e l’impegno, il considerare l’insuccesso come fonte di crescita. Se posseggo e coltivo una forma mentis impostata alla crescita continua, avrò maggiori possibilità di successo, se considero il fallimento come un “non sono ancora pronto” e non un giudizio sul valore della mia persona, avrò lo slancio per riprovarci.

E diamo il benvenuto a quel brivido del fare le cose nuove, al cimentarci in aree che non abbiamo ancora esplorato, mettiamo le mani in una nuova pasta, sporchiamoci, viviamo, sentiamoci vivi!

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