15 Luglio 2024

Locus of control

Il locus of control è stato uno dei primi concetti che ho approfondito nella mia carriera, anche prima di diventare coach, perché, quando mi sono trovata a leggerne, questo concetto mi ha da subito aperto alla comprensione di molti comportamenti che prima trovavo inspiegabili, perché molto lontani da me. Avere un'idea di questa teoria ci può portare a osservare il comportamento nostro e degli altri con occhi più consapevoli. Questo articolo può essere molto utile per manager che cercano la chiave per far ripartire qualche collega in balia degli eventi. Mi sono però accorta che non ne avevo mai scritto sul blog e, dunque, eccomi qua.

Il locus of control dipende dal tipo di spiegazione che viene prodotta dalla persona quando si affronta un dato evento: se la causa è ricercata fuori o dentro di sé.

Partiamo con l'inserirlo nella giusta cornice teorica, solo degli accenni così che, chi interessato, possa approfondire. Se non ti interessa, passa al paragrafo successivo. Il locus of control come concetto nasce nelle teorie di Rotter a metà degli anni '50. Il concetto di locus of control è poi stato più volte ripreso nel tempo. Rotter ha collaborato con Bandura nelle teorie dell'apprendimento sociale (ce n'è ampio segno nel concetto di autoefficacia e di impotenza appresa, ad esempio). Levenson negli anni '70 ha ripreso il tema non più come costrutto unidimensionale, poli opposti di un continuum, ma dimensioni separate. Weiner ha aggiunto i criteri di stabilità e controllabilità nella teoria dell'attribuzione di Rotter. Ma andiamo al sodo.

Con l'espressione locus of control si intende, letteralmente, "il luogo attraverso cui si esercita il controllo", ovvero la valutazione soggettiva dei fattori a cui si attribuisce la causa di eventi, fatti ed esiti. Pesando ogni parola: è una valutazione soggettiva (ovvero un'interpretazione opinabile) dei fattori a cui si attribuisce la causa di eventi (cose che accadono), fatti (cose che esistono) esiti (risultato di azioni).

Secondo Rotter, la percezione di ogni individuo si colloca in un punto di un continuum tra locus of control esterno e locus of control interno. Chi è verso il locus esterno tenderà ad attribuire la responsabilità di eventi, fatti ed esiti a componenti esterne a sé (il caso, la fortuna, i mercati, la geopolitica…), chi ha un locus interno tenderà a sentirsi responsabile direttamente di tali accadimenti (per la propria preparazione, impegno, costanza…, o l'assenza di essi).

Secondo Bandura e Rotter questi processi non sono innati, ma vendo appresi nella relazione con gli altri. Sono influenzati sì da predisposizione personale, ma anche dalla cultura e dalla famiglia di origine, oltre che da una serie di rinforzi positivi e negativi che si ricevono durante la vita.

In particolare, la cultura, nella distinzione tra collettivista (come le asiatiche) o individualista (come le occidentali), influisce non solo sull'incrementare, rispettivamente, un locus esterno o interno, ma anche su quanto la persona sperimenta benessere nel suo stare in quel locus. Lo vediamo dopo.

Lo stile genitoriale influenza il locus dei bambini, impattando anche sulla loro autostima. Genitori che credono nelle potenzialità del bambino e nella sua capacità di influire sul proprio destino, rimediare a un fallimento, che danno importanza all'impegno e alla responsabilità, coltiveranno un locus interno. Genitori che danno importanza al talento innato, al caso, alla fortuna/sfortuna coltiveranno un locus esterno. Voi che modello date ai vostri figli?

Partiamo dal presupposto che non esistono persone con un locus esclusivamente esterno o interno. Spesso si osserva la commistione in diversi gradi dei due estremi o, come detto da Levenson, non è un continuum unidimensionale, ma dimensioni separate. Si può avere un locus esterno più pronunciato in alcuni settori della propria vita, o in alcuni momenti. Pensare di avere più capacita e possibilità di influenzare il nostro destino nella vita personale rispetto a quella lavorativa, o viceversa.

Chi ha un locus of control più esterno sarà più rapido a rialzarsi dopo un fallimento, ad accettare esperienze negative (se non è colpa mia…) sarà meno schiacciato dal senso di responsabilità o dall'ansia di avere tutto sotto controllo (se tanto dipende dalla fortuna…) . Viceversa però, sentirà di essere spesso in balia del fato, a cui non ha modo di opporsi, e di eventi a lui esterni che decidono per la sua sorte. Questo porta le persone con locus esterno a essere più spesso inclini a stati ansioso depressivi, a non impegnarsi nel problem solving, ad abbattersi in caso di difficoltà, a entrare in circoli viziosi di impotenza appresa (Bandura) in momenti di forte instabilità e incontrollabilità dell'ambiente in cui siamo immersi.

Chi ha un locus of control più interno, viceversa, sentirà di avere in mano la propria sorte, con un maggior senso di autoefficacia e controllo, di responsabilità personale per le proprie azioni e risultati. Sa che il suo impegno influenza direttamente gli esiti della sua vita. E' autonomo, resiliente, dipende meno dall'approvazione altrui. Ha una motivazione intrinseca maggiore, proprio perché sa di poter influire su ciò che gli accade. Dall'altro sarà pressato dalla responsabilità e da forte senso di colpa quando le cose non vanno per il verso giusto (è tutta colpa mia...), in caso di difficoltà, potrà essere incline a una bassa autostima, senso di inadeguatezza e ipercritica che incidono anche sull'umore.

Come anticipavo prima, questa influenza sul benessere è mediata dall'appartenenza a culture diverse. Chi appartiene a una cultura collettivista, ad esempio, sarà meno incline a disperarsi per eventi negativi e il locus esterno non è così strettamente collegato a stati ansioso-depressivi. Non approfondisco perché ritengo più funzionale approfondire la nostra cultura per gli scopi di questo articolo.

Come dico sempre il primo passo per una gestione funzionale di ciò che ci accade e ciò che proviamo è la consapevolezza. Consapevolezza significa fermarsi un momento, stare in quel momento, vedere cosa ci sta accadendo. Significa porci delle domande e chiedere feedback agli altri, confrontarsi. Tutto ciò porta a riportare le nostre soggettive opinioni in più oggettivi fatti.

Sei colto da un'eccessiva responsabilizzazione, ansia da prestazione, senso di colpa per ciò che non è andato per il verso giusto?

Oppure sei in un momento in cui pensi di non avere alcuna influenza su ciò che ti accade, che in qualunque misura tu ti impegni le cose non andranno per il verso giusto, che il mondo ti sia ostile?

In ogni caso, prova a chiederti: di ciò che è accaduto (o di ciò che deve accadere), cosa dipende oggettivamente da me e dalle mie azioni? Cosa posso fare ora per andare verso il mio obiettivo? Qual è il più piccolo passo per ripartire?

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