La realtà in cui viviamo è oggettiva o soggettiva? Quando descriviamo il mondo attorno a noi (e dentro di noi) spesso, più che una descrizione, operiamo una interpretazione attraverso paradigmi e convinzioni.
E' normale, è naturale, è umano.
Qual è la differenza?
se descriviamo, analizziamo razionalmente una realtà oggettiva;
se interpretiamo, diamo il nostro sguardo filtrato alla realtà, dando giudizi, opinioni, generalizzazioni, visioni parziali. Filtriamo la realtà attraverso paradigmi (un modello, una cornice tutta nostra che ci serve da confronto per comprendere a modo nostro tutto ciò che osserviamo) e convinzioni (le nostre rigide certezze morali o intellettuali).
Il nostro sguardo alla realtà è sempre parziale. Non conosciamo grandi fette di quello che è attorno a noi. Non conosciamo molti dei fatti che influiscono sulla nostra vita, non possiamo conoscere profondamente molte delle persone con cui interagiamo, non conosciamo gli accadimenti passati e ancor meno i futuri. Per colmare questi gap, spesso usiamo giudizi, interpretazioni e opinioni che sono essenzialmente soggettivi, parziali, spesso privi di fondamenta. Confondendo così la realtà oggettiva con la nostra percezione di essa.
Quante occasioni sprecate per generalizzazioni? (è inutile che vado da quel cliente, gli imprenditori oggigiorno non vogliono investire)
Quante occasioni sprecate per opinioni? (il mio capo sta sbadigliano, secondo me l'ho annoiato - quando magari ha un bimbo con la febbre ed è solo semplicemente stanco)
Quante occasioni sprecate per giudizi? (quel prospect è un osso duro, si vede, meglio non presentarmi nemmeno, per evitare figuracce)
Qua si inserisce perfettamente anche il tema del Locus of Control di cui abbiamo parlato qualche mese fa, ti metto il link se vuoi rileggerlo.
Tutti noi possediamo un bagaglio di paradigmi (di modelli, cornici) derivanti dalle esperienze vissuti e dagli insegnamenti appresi. "E' importante arrivare in orario", "solo i raccomandati vengono assunti", "la prima impressione è quella che conta", "dare del lei è segno di rispetto" eccetera. Questo filtro della realtà, da un lato, ovviamente ci è utile come pilota automatico per mille micro-decisioni quotidiane (do del lei a questo signore, mi spiccio per arrivare in orario e così via), dall'altro può falsare la nostra visione oggettiva e creare in noi aspettative o idee errate sul mondo che ci circonda. E chiuderci molte possibilità.
Di certo, non è possibile pensare di oggettivizzare interamente la nostra visione della realtà o di far a meno di tutte queste utilissime scorciatoie che sono i paradigmi, le generalizzazioni eccetera. Sarebbe impensabile.
Quello che possiamo fare è cercare di ridurre al minimo l'influenza che le generalizzazioni, i giudizi, le opinioni aprioristiche hanno sulla nostra capacità di scelta. Soprattutto, chiedersi spesso: quello che sto pensando è un fatto (oggettivo) o una MIA opinione, generalizzazione, interpretazione? La consapevolezza è sempre il primo passo, ci consente di operare una scelta: se decido di proseguire su quella strada pur sapendo che non è un fatto ma un mio costrutto, sto praticamente decidendo di scommettere. Mi spiego: "non vado da quel cliente perché gli avvocati sono troppo pignoli" implica che sto scommettendo che quell'appuntamento non andrà a buon fine, posso vincere e risparmiarmi una delusione, posso perdere e perdermi un nuovo cliente.
E se proprio non possiamo farne a meno? Privilegiamo e pesiamo maggiormente le generalizzazioni e le interpretazioni positive rispetto a quelle negative. Di solito ci viene istintivo il contrario. Privilegiando il positivo apriamo porte, possibilità, occasioni. Privilegiando le interpretazioni negative ci chiudiamo, evitiamo, restiamo fermi.
Non so voi, ma io preferisco muovermi!
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