15 Febbraio 2024

Il fascino della motivazione

Subisco da tempo il fascino della motivazione, l'attrazione verso ciò che spiega (o tenta di spiegare) il motore che ci fa fare alcune cose e procrastinare, o proprio evitare, altre.

Sarà che io stessa vorrei ogni tanto avere il mio manuale di istruzioni che mi spieghi perché quella data cosa, che razionalmente trovo assolutamente prioritaria, proprio non mi riesca di farla e trovi mille e uno motivi per rimandarla. Sarà perché spesso con i miei clienti mi trovo a parlare di motivazione: la loro, nel portare a termine i piani o quella dei loro collaboratori, da far crescere.

E qui già sorge il primo esempio di "bizzarria" e di fascino della motivazione, almeno per quella che ci hanno propinato nel passato. Colta dal piacere dell'argomento, seppur non avessi alcun motivo economico a procedere e nessuna possibile ripercussione negativa nel non farlo, nelle ultime settimane ho lavorato molto sul tema e ho programmato di parlarne nei prossimi articoli su questo blog. Ho già dato un primo assaggio di teoria della motivazione in questo articolo di novembre sul mio blog, ti invito a dargli una lettura qualora tu non l'abbia già fatto.

Ho parlato di bizzarria perché da sempre ci hanno insegnato, purtroppo anche in ambito educativo coi nostri bambini, che l'essere umano si muova per premi e punizioni. Ciò in larga parte non è più vero e non rende giustizia alla complessità dell'animo umano. Ma andiamo con ordine.

Mi ha divertito e interessato la dissertazione di Daniel Pink nel suo libro "Drive" in merito a motivazione 1.0 e 2.0. Ve la racconto, torniamo indietro negli anni '50 del novecento. Già 70 anni fa Harry Harlow, studiando otto macachi fu colto da una nuova idea: le scimmie potevano fare un qualcosa (nel caso era armeggiare con un congegno mediamente complesso) per il puro piacere di farlo. L'azione non era legata a temi di sopravvivenza (non sbloccava cibo, né acqua, non permetteva il sonno o stimoli sessuali) non era legata a logica di premi e punizioni (non fermava scosse elettriche e non rilasciava leccornie), semplicemente le otto scimmie si divertivano a risolvere il rompicapo.

Ora, negli anni '50 eravamo in un mondo in cui era dato per assodato che gli individui si muovessero per due ordini di motivi. Quello che Pink chiama la motivazione 1.0, ovvero sopravvivere, e quella che chiama motivazione 2.0, ovvero ricevere dall'esterno premi o evitare punizioni.

Con Harlow si è iniziata a teorizzare la presenza di un ordine di motivazioni ulteriore, una sorta di motivazione 3.0. Purtroppo i tempi non erano maturi perché questo pensiero trovasse terreno fertile, né tra gli studiosi né tantomeno nelle applicazioni reali in ambito educativo o lavorativo.

"50.000 anni fa il presupposto fondamentale del comportamento umano era abbastanza semplice. Cercavamo di sopravvivere. Mentre vagavamo nella savana per raccogliere cibo o ci arrampicavamo sugli alberi quando si avvicinava una tigre dai denti a sciabola, questa motivazione guidava gran parte del nostro comportamento. Chiamate questo primo sistema operativo Motivazione 1.0" (D. Pink)

Questo sistema ha funzionato alla perfezione, finché non ha cessato di farlo. A quel punto formavamo società più complesse e, avendo bisogno di cooperare per riuscire a fare le cose, un sistema basato sulla pura sopravvivenza biologica non era più sufficiente. Non eravamo più puramente la somma dei nostri bisogni biologici. La socialità complessa ha portato un secondo ordine di motivazione, sostanzialmente esterna: ricevere ricompense ed evitare punizioni. Ecco a voi il sistema operativo Motivazione 2.0

Anche questo sistema operativo ha funzionato, molto bene e molto a lungo, finché non ha cessato di farlo. Era efficace ma superficiale, andava benissimo nell'era taylorista e fordista in cui i lavori erano strutturati, monotoni e "algoritmici" come li definiscono gli scienziati comportamentali, ovvero composti da una serie di attività ripetitive derivanti da istruzioni precise.

Il primo grande scossone alla motivazione 2.0 arriva, ancora a metà del '900, da Abraham Maslow che, con la sua nota piramide, teorizza un ordine di bisogni che vanno oltre quelli di pura sussistenza e sicurezza, passando all'appartenenza, alla stima sociale, per giungere al bisogno di autorealizzazione.

Ma andiamo ancora oltre, e arriviamo più vicino ai giorni nostri. Solo guardandoci attorno e riflettendo su ciò che accade anche solo nella nostra quotidianità, possiamo comprendere che necessariamente c'è altro che muove le persone. Ci sono esperimenti aziendali di grande successo in cui le persone lavorano senza essere pagati (Wikipedia, Linux, Firefox..), premi Nobel in Economia dati a chi ha teorizzato che l'essere umano non è guidato dal puro interesse economico (Kahneman), la prevalenza sempre maggiore di lavori "euristici" che si differenziano da quelli algoritmici per il fatto che sono basati sulla creatività, sulla ricerca di soluzioni e nuove strade (e qui siamo dentro tutti noi che leggiamo ora).

Ed eccoci ai giorni nostri.

Teresa Amabile della Harvard Business School a cavallo del nostro secolo ha studiato per quarant'anni come l'ambiente influenza creatività e motivazione, giungendo alla conclusione che la motivazione 2.0, quella fatta di bastoni e carote, che spesso viene invocata come la panacea di tutti i mali, può funzionare per i lavori algoritmici, ma può essere devastante per quelli euristici. Che guarda caso oggi sono la maggioranza, almeno dalla nostra parte del mondo.

Per ora mi fermo qui. Anche per lasciarvi un momento di riflessione su quello che accade nelle vostre realtà e quello che voi stessi state replicando sulle vostre persone. Spero che il fascino della motivazione vi abbia un po' contagiato. Se avete avuto la motivazione per leggere fino a qui, non perdetevi l'articolo di marzo.

  • Condividi:
roberta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mi chiamo Roberta Sala aiuto Consulenti Finanziari e Manager a migliorare le loro performance e raggiungere i loro obiettivi professionali e personali.

© 2024 Roberta Sala Coach | p.iva 11630260963 | Privacy Policy | Brand & Web design Miel Café Design
crossmenu